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Le deroghe inerenti la disciplina dei contratti a termine

— Il Decreto Dignità alla prova del COVID-19

Le deroghe inerenti la disciplina dei contratti a termine.

Anche il Decreto Dignità si deve confrontare con l’emergenza sanitaria in corso, ma forse sarebbe meglio dire, che il tessuto imprenditoriale italiano – nel tentativo di correggere il tiro di una normativa mai digerita – ha richiesto un intervento sulle stringenti clausole inerenti la disciplina dei contratti a termine.
Per chi non lo sapesse, il Decreto Dignità è intervenuto a disciplinare la normativa sui contratti a termine a far data – con pieni effetti – dal 1 novembre 2019, ma con efficacia immediata (a decorrere dal 14 luglio 2018) rispetto alle norme sulla durata massima del contratto e sul regime causale dello stesso.
Nel merito, il tanto contestato – da parte datoriale – Decreto Dignità aveva introdotto le seguenti prescrizioni:
1) la durata massima di 24 mesi, sia del singolo contratto che di più rapporti a termine, stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale;
2) la limitazione della “a-causalità”, prima riferita all’intera durata massima complessiva (36 mesi), oggi al solo “primo” contratto, per un massimo di 12 mesi (comprensivi anche di proroghe);
3) il regime di causalità, atteso che il datore di lavoro ha l’obbligo di indicare una delle tre “condizioni” previste ex art. 19, comma 1, del d.lgs. 81/2015, in caso di durata superiore a 12 mesi (anche attraverso la proroga) e in ogni caso di rinnovo, nello specifico: 1) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; 2) esigenze di sostituzione di altri lavoratori; 3) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
4) la sanzione della conversione in contratto a tempo indeterminato qualora:1) non venga ab origine specificata causale di stipula del contratto che sia superiore a 12 mesi, dalla data del superamento di tale termine; 2) non sia indicata causale nell’ipotesi di rinnovo, a prescindere dal raggiungimento del limite di 12 mesi; 3) si riscontri mancata motivazione della proroga, ovvero effettuazione di 5 o più proroghe, a partire dalla decorrenza della quinta proroga; 4) sia inserita causale non veritiera; 5) venga oltrepassato il limite massimo di 24 mesi.
La volontà del legislatore alla base di tale deciso quanto contestato intervento era quello di contrasto alla precarietà, al fine di dare impulso alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, contrastando l’abuso di forme contrattuali che dovrebbero rappresentare l’eccezione e non la regola.
L’emergenza sanitaria in corso ha portato sul tavolo del legislatore, la richiesta di intervento sul Decreto Dignità in un ottica di alleggerimento delle prescrizioni e divieti in esso contenuti, quantomeno per affrontare questa grave e difficile fase di crisi.
Le associazioni di categoria di parte datoriale, chiedono a gran voce, che le aziende in cassa integrazione da emergenza Coronavirus, possano rinnovare o prorogare i contratti a termine in corso, che altrimenti sarebbero scaduti, in deroga all’attuale normativa.
Infatti, si chiede di poter derogare a quanto previsto dall’art. 20 del Dlgs 81 del 2015, che oggi vieta, quando c’è una sospensione dell’attività lavorativa, la stipula di rapporti a tempo determinato sulla stessa mansione, ritenendo che tale deroga possa rappresentare un vantaggio reciproco per lavoratori ed imprese in questa delicata fase.
Applicando la normativa vigente, i numerosi lavoratori a termine in cassa integrazione, vedrebbero cessare il rapporto di lavoro allo spirare del termine contrattuale pattuito, diversamente, con l’intervento in deroga richiesto, questi stessi contratti potrebbero essere prorogati senza porre in essere le violazioni delle norme specificate in testa al presente intervento.
La deroga di cui sopra – pare – non verrà applicata ai lavoratori somministrati, nonostante siano una tipologia di lavoratori molto numerosi ed utilizzati ed ai quali si applica la normativa applicabile ai contratti a termine.
In attesa che venga disciplinato questo intervento in deroga alla disciplina dei contratti a termine sino ad oggi in vigore, si spera che l’emergenza Covid-19 non venga usato da “Cavallo di Troia” per aggredire ancora una volta la normativa sui contratti a termine una volta per tutte, ma che venga legato alla sola fase emergenziale di gestione della pandemia in corso nel nostro paese.

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