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Le ferie in fumo

La disciplina delle ferie in tempi di COVID-19

Le ferie annuali retribuite sono un diritto irrinunciabile e disciplinate al fine di consentire il recupero delle energie e la realizzazione di esigenze personali e familiari.

Il diritto alle ferie matura nel corso del rapporto di lavoro nella misura minima di quattro settimane all’anno ed ai contratti collettivi nazionali è rimessa la possibilità di estendere tale periodo, ma non quello di ridurlo.

Il datore di lavoro, nella distribuzione delle ferie maturate dai propri dipendenti deve naturalmente tener conto delle esigenze imprenditoriali nonché degli interessi dei lavoratori ad usufruirne, operando un equo bilanciamento.

La finalità dell’istituto delle ferie comporta che le stesse siano godute in modalità continuativa e per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione delle stesse, mentre le restanti dovranno essere smaltite entro i 18 mesi successivi.

Qualora le ferie maturate non vengano godute nel periodo prescritto dalle disposizioni applicabili in materia e nemmeno successivamente, poiché nelle more magari potrebbe essere cessato il rapporto, al dipendente spetta la liquidazione in busta paga della c.d. indennità di ferie non godute.

Proprio perchè si tratta di un diritto irrinunciabile, collegato a profili di tutela della salute psicofisica del lavoratore nonché a profili economici retributivi e previdenziali, è necessario fare attenzione alle modalità con cui vengono trattate e disciplinate all’interno di ogni realtà aziendale.

In particolare, in questo momento di generale confusione dovuta all’interruzione e alla riduzione delle attività lavorative, i lavoratori potrebbero vedersi ridotte ed azzerate le ferie residue maturate sino al “lockdown” e ciò anche a causa della generale incertezza inerente la disciplina applicabile nel caso di cassa integrazione o di prosecuzione in smart working.

Per quanto riguarda i lavoratori in cassa integrazione, la maggioranza degli accordi sindacali sottoscritti in questa fase, hanno seguito le indicazioni provenienti dall’INPS – applicate generalmente in queste situazioni – ossia quella che prevede una prima fase di smaltimento delle sole ferie maturate e non di quelle da maturare, al fine di salvaguardare l’aspetto retributivo che potrebbe essere intaccato dalle riduzioni salariali previste dalla cassa integrazione.

In questo caso, infatti, le ferie “forzate” rappresentano un modo di garantire la retribuzione piena ai dipendenti per i quali l’attività lavorativa sia stata sospesa e non sia possibile svolgerla in smart working.

Nel caso in cui, invece, l’attività sia proseguita e proseguirà in smart working, non vi è alcuna disciplina che faccia presagire o giustifichi la legittimità delle ferie imposte unilateralmente dal datore di lavoro.

Pertanto, è necessario prestare la massima attenzione, da parte dei datori di lavoro, nel trattare l’argomento ferie in questa fase, soprattutto se l’emergenza sanitaria dovesse proseguire ancora per mesi, poiché una applicazione forzata e non consentita dello smaltimento ferie, potrebbe scatenare la promozione di contenziosi collettivi da parte dei dipendenti di ogni singola azienda.

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