fbpx

Il lavoro ai tempi del Coronavirus

— Lo Smart Working e l’emergenza COVID-19

Nelle ultime settimane di emergenza sanitaria nazionale, si sente molto parlare di smart working o lavoro agile, ed il Governo è intervenuto sin da subito per facilitare l’utilizzo di questa modalità di lavoro.
Prima di tale periodo, se ne potevano intuire le potenzialità, ma non la concreta applicabilità nel breve periodo all’interno di una qualsiasi realtà aziendale, poiché legate ad un sistema organizzativo tradizionale.

In primo luogo, esso non va confuso con il telelavoro e con le sue norme di riferimento, in quanto lo smart working è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati, che prevede una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.

Questo nuovo istituto giuridico punta ad aiutare il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività, ma non può essere considerata una semplice iniziativa di work-life balance e welfare aziendale per le persone: si innesca in un percorso di profondo cambiamento culturale e richiede un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali, per cui si deve prevedere una roadmap dettagliata fase per fase. Bisogna sempre ricordare, infatti, che è un progetto intrinsecamente multidisciplinare, che presuppone una governance integrata tra gli attori coinvolti.
La definizione di smart working che si estrapola dalla disciplina normativa pre-emergenziale, poneva l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).

Ai lavoratori agili si garantiva la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella Circolare 48/2017.
Anche se il legislatore aveva affrontato il tema dello smart working dal punto di vista dei luoghi e degli spazi deputati allo svolgimento delle proprie mansioni, non vi è dubbio che in ragione del nuovo quadro normativo si stanno aprendo nuove prospettive in termini di gestione dei dipendenti e dei flussi di lavoro, delle comunicazioni e delle filiere.
Lo smart working è un processo di cambiamento complesso che richiede di agire contemporaneamente su più leve e che deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione, che ridisegna i concetti di collaborazione, subordinazione, orario e sede di lavoro, e apre le porte ad una trasformazione del mondo del lavoro sulla scia della “rivoluzione digitale”.
L’emergenza sanitaria ha comportato una netta presa di posizione da parte dei datori di lavoro e degli stessi dipendenti, supportati dal legislatore, nel facilitare l’attivazione di modalità di lavoro in smart working, al fine di salvaguardare la salute pubblica.

Vanno tutte in questa direzione i provvedimenti che l’esecutivo sta adottando fin da febbraio, nel tentativo di ridurre al minimo la mobilità, svuotando le aziende delle proprie persone, cui si chiede di lavorare da casa in smart working così da non affollare palazzi, uffici, mezzi pubblici, ristoranti, bar e azzerare la socialità non essenziale.
L’art. 2, c. 1, lett. r) del DPCM 8 marzo 2020, avente validità fino al 3 aprile 2020, prevede la possibilità per i datori di lavoro – fino al termine dell’emergenza – di attivare la modalità di lavoro agile (c.d. “smart working”) sull’intero territorio nazionale ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni in materia, anche senza dover sottoscrivere un accordo scritto con il dipendente.
La finalità di semplificazione viene perseguita anche mediante la possibilità di adempiere in via telematica all’obbligo di rendere l’informativa sui rischi per la salute e sicurezza del lavoro.
A parte tale semplificazione, resta tuttavia ferma la necessità di rispettare tutte le norme che regolano il lavoro agile, come in materia di orario di lavoro, utilizzo degli strumenti telematici, esercizio del potere organizzativo e di controllo.

I numeri italiani sull’attivazione di progetti di smart working, prima dell’emergenza Covid-19, erano in aumento, ma non ancora quelli sperati e raggiunti in altri paesi della zona euro, complice una composizione delle PMI molto legata ai tradizionali processi produttivi ed organizzativi e alla distanza, con cui molte aziende italiane, si sono tenute dai progressi di innovazione introdotti dai percorsi dell’industria 4.0.
La sfida delle aziende italiane, per resistere in questa fase e ripartire non appena l’emergenza sarà superata, sarà quella di implementare questa modalità di lavoro e affrontare una nuova sfida che le vedrà impegnate nella riorganizzazione degli spazi aziendali e dei relativi costi.
Una maggior informazione di tutti i soggetti coinvolti ed interessati (lavoratori, imprese, sindacati, associazioni di categoria) potrà portare una miglior considerazione dello strumento legislativo, che mai come questa volta è stato disciplinato con indiscutibile tempismo.

Da parte delle istituzioni è necessario un sostanzioso impegno volto a rinforzare la rete e le infrastrutture di trasmissione dati su tutto il territorio nazionale, in particolare la fibra, tale da permettere a tutte le aziende che costituiscono il tessuto produttivo, commerciale ed industriale italiano di poter riorganizzare la propria operatività, favorendo lo smart working.

No Comments

Post A Comment